Roger Taylor: la recensione di Fun On Earth

Come si racconta un disco? Mentre rifletto su questo punto interrogativo, la pagina bianca attende di essere riempita e mai come stavolta provo soggezione. Entrare nello studio di registrazione di Roger Taylor non è facile e la sensazione che si prova è di toccare con mano un'intimità che per lunghi anni è rimasta celata dietro la corazza da autentico rocker che il batterista sfoggia con quello sguardo talvolta truce, contraltare perfetto della sua voce roca. Immagino il mixer sul quale ha lavorato per tutto questo tempo, alternandosi ora alla batteria ora alle chitarre e al pianoforte, aggiungendo qua e là il contributo di musicisti fidati come Jason Faloon. Ma Fun On Earth resta comunque un disco intimo, personale, registrato al chiuso di una stanza e che adesso è pronto a sfidare il giudizio altrui. Quanto inchiostro verrà consumato per recensirlo? Quanti fans spenderanno lo spazio dei propri hard disk per diffondere in rete opinioni radicali, estreme, caustiche ed entusiaste? E io sono qui, a mia volta chiuso nella mia stanza, circondato da dischi, dvd e libri e l'interrogativo iniziale non sembra avere soluzione. Poi mi decido. Accendo lo stereo, lascio che Roger torni sulla Terra e mi suggerisca le parole, quelle giuste.

Se qualcuno nell'attesa di ricevere l'album si sta già domandando che fine abbia fatto il glorioso rock'n'roll, One Night Stand ha un messaggio per lui. È l'intro perfetto, il brano che ti trascina subito con sonorità dure e potenti, nel quale la batteria di Roger suona magnificamente fino a somigliare a metallo fuso grazie alle tante chitarre elettriche. La versione originale di questo pezzo appariva un po' fiacca, sottotono. Qui i volumi sono portati all'estremo vertice e il ritmo stesso viene sconvolto nella seconda metà della canzone, che subisce un'improvvisa e inaspettata accelerazione. La tentazione è quella di alzare il volume per saggiare il grado di resistenza degli altoparlanti. Delle orecchie no. Loro non ne avranno mai abbastanza del buon vecchio rock.

Le preview circolate in queste settimane mi avevano suggerito che Fight Club sarebbe stata una delle mie canzoni preferite del disco e probabilmente dell'intera produzione solista di Roger. Oggi posso dire che non si trattava di un'impressione e l'ascolto completo del pezzo è una splendida conferma. A ciò si aggiunge il fatto che non può essere ascoltata senza il pezzo successivo, Be With You, di cui per certi versi sembra costituire una sorta di introduzione. Assieme formano una continuità sonora entusiasmante, dalle atmosfere rarefatte e notturne.

Un solo ascolto non basta mai per comprendere fino in fondo un disco. È per questo che ho deciso di non soffermarmi troppo sulle impressioni non del tutto positive che Quality Street mi ha trasmesso all'inizio. Ascoltandola più volte si è rivelata in tutta la sua bellezza. È piena di suoni e meravigliosi effetti che si sviluppano in una progressione che rende la canzone stupenda dalla prima all'ultima nota, quasi una sfida lanciata all'ascoltatore che dovrà indovinarne tutte le sfumature.

Roger non è mai stato un tipo convenzionale e del resto se sei il batterista dei Queen è complicato essere un musicista ordinario, di quelli che si limitano a fare i compiti senza osare. Si spiega così l'esperimento di I Don't Care, un brano retrò che sarebbe piaciuto a Freddie Mercury proprio per la presenza di suoni e stili così in contrasto tra loro. E la bravura di Roger sta proprio nell'essere riuscito a cucire assieme mondi lontanissimi come il rock della batteria, il blues della chitarra e lo xilofono in voga negli anni '60. A legare il tutto un retrogusto jazz che mentre il pezzo si diffonde nella stanza riporta alla mente certi locali fumosi in cui si andava ad ascoltare la musica, finalmente libera da sovrastrutture e definizioni.

Sunny Day la conosciamo già, essendo stata utilizzata come singolo radiofonico lanciato dalla bbc durante le ultime interviste di Roger. Si tratta della versione riveduta e corretta di Woman You're So Beautiful. Liberata del ritmo reggae, che personalmente non mi ha mai convinto del tutto, oggi è una delle canzoni più godibili dell'intero disco e spero che possa giungere anche nelle radio italiane.

Che il matrimonio cambi la vita è logico e pure un po' scontato. Non lo è però se ti chiami Roger Taylor e ti porti sulle spalle la fama di playboy. Tuttavia il miracolo della vita di coppia non conosce ostacoli e così dalla splendida unione con Sarina Potgieter il batterista ha sviluppato un nuovo e più consapevole romanticismo che, tradotto in musica, prende il nome di Be My Gal, ballata acustica dal testo leggero che sa di autentica dichiarazione d'amore. Ben fatto Roger, falli battere questi cuori che fingono durezza ma che in realtà non vedono l'ora di commuoversi! Ma se proprio non potete fare a meno di saltare sulla sedia, passate pure al brano/manifesto I'm The Drummer In A Rock'n'Roll Band nel quale Roger mette al centro dell'attenzione la batteria come non aveva mai fatto prima. Il brano funziona perché è totalmente pazzo e ricorda certe vecchie cose fatte nei Queen. E adesso datemi una batteria, perché qui Roger dà lezioni di stile e potenza che su un disco del 2013 vi potete sognare.

The Cosmos Rocks resterà forse per sempre il disco più controverso dei Queen (ebbene si, io lo piazzo subito dopo Made in Heaven nella mia collezione, problemi?!), ma con un po' di onestà intellettuale si possono individuare almeno un paio di capolavori. Uno di questi era Small, che qui ritorna in una versione acustica meno convincente dell'originale. Il problema è che quando in una canzone hai la chitarra di Brian May e la voce di uno come Paul Rodgers, difficilmente riesci ad apprezzarla in un altro contesto. È strano da dire, ma è il pezzo più bello del disco eppure quello meno riuscito, ma solo se paragonato all'edizione 2008. Si potrebbe dire la stessa cosa di Say It's Not True, il brano più auto-coverizzato di sempre (!), visto che Roger lo ripropone da anni e in mille versioni differenti. Qui però c'è la chitarra di Jeff Beck e quindi tutto cambia. Ascoltatelo con attenzione perché è davvero emozionante. Il limite semmai è rappresentato dal fatto che si tratta di una versione eseguita dal vivo, durante le prove dell'ultima edizione del Wintershall Festival e la presenza nel disco un pezzo on stage in un contesto in studio non convince del tutto. L'avrei utilizzata come extra/ghost track magari. Ma chi sono io per dire a Roger Taylor come si fa un disco?

The Unblinking Eye la conosciamo da qualche tempo ormai e qui è semplicemente riproposta in una versione più corta e con un assolo centrale abbreviato (l'originale era noioso e pedante). Anche Up abbiamo avuto modo di ascoltarla, ancora una volta attraverso la radio inglese e aveva suscitato grande disappunto tra i fans, soprattutto tra quelli che sanno tutto, conoscono tutto e se sono loro a dover giudicare si accontentano di farlo dopo aver ascoltato una canzone mezza volta, ma se a farlo sei tu allora devono tapparsi la bocca, altrimenti chissà che anatemi! Ma la bocca per fortuna gliela chiude Roger con questo ennesimo esperimento, che affonda a piene mani nel passato dell'artista. Roger per inciderla ha utilizzato il vecchio Jupiter 8, il sinth sul quale nel 1984 ha preso vita Radio Ga Ga. Il risultato è un mix da mani nei capelli tra dance e rock, una di quelle cose un po' matte che, ne sono certo, saranno contestate da certuni, ma che io apprezzo perché ne ho già sentite parecchie di cose del genere. Negli album dei Queen, of course, dove sennò?

Il disco si chiude con Smile, ennesima ballata emozionata ed emozionante, che conferma una volta di più la maturità e credo anche la pace interiore raggiunta da Roger. Non appagamento, ma semmai una visione più chiara delle cose e quindi anche della musica. Il brano presenta parecchi riferimenti ai Beatles nell'arrangiamento e ho il sospetto che anche questa sia dedicata a Sarina. Per essere davvero straordinaria le manca qualcosa però: un assolo di chitarra.

Sono alla fine. La pagina bianca si è riempita e con timore sono pronto a lanciarla in rete, senza alcuna velleità giornalistica. Lo sapete, non amo recensire e imporre così il mio pensiero. È il piacere della condivisione che mi ha spinto ad essere qui con voi anche stavolta. Fun On Earth è un bellissimo viaggio dell'anima, un percorso sonoro che merita di essere comprato e ascoltato più volte fino a farlo diventare parte delle proprie giornate. Diffondetelo, proponetelo ai vostri amici, perché Roger Taylor è tornato e ci ha fatto un bellissimo regalo.


@Last Horizon