Omaggio a Roger Taylor

Oggi 26 Luglio è il compleanno di Roger Taylor e voglio festeggiare con voi offrendovi la mia visione del nostro batterista. Non è semplice sapete? Non che mi spaventi risultare retorico (il fan appassionato lo è per definizione temo) e nemmeno la banalità delle mie parole è qualcosa che mi freni dallo scrivere: quando accade sappiate che alla base c'è sempre l'amore sconfinato per i Queen. No, ad alimentare le mie incertezze è il timore di non riuscire a raccontare qualcosa nel modo giusto, infarcendo un racconto di errori e spiacevoli omissioni che, alla fine, rischiano di non descrivere davvero fino in fondo chi è il protagonista dell'articolo. Ma oggi parliamo di Roger Meddows Taylor e qualcosa mi dice che ci intenderemo alla perfezione. Merito di questo magnifico musicista, i cui meriti all'interno di una band come i Queen vanno evidenziati, sottolineati e ribaditi tutte le volte che si può farlo. Perchè i Queen sono stati il risultato di quattro componenti e ciascuno ha offerto qualcosa di unico e irripetibile, senza il quale questa band non sarebbe stata così come la conosciamo. Fin dal principio Roger era quello che sognava di diventare una rockstar e attraversava i corridoi polverosi e decisamente austeri dell'Imperial College agitando nell'aria le sue preziose bacchette.



Ogni tanto si fermava a sbirciare le belle ragazze che gli passavano accanto e che ammiccavano, incuriosite da una bellezza vagamente androgina, così seducente in quei pantaloni attillati fine anni Sessanta. Poi però ad attirarlo sul serio era la bacheca degli annunci dove, tra richieste di subaffitto, compravendite di libri usati e i manifesti delle prossime feste tra studenti, Roger cercava di scovare qualche buon ingaggio per formare una band. Quando il suo sguardo si fissò su un piccolo rettangolo di carta, vergato con lettere precise e ordinate non poteva immaginare che il suo destino sarebbe cambiato per sempre. Forse non percepì il moto degli strani ingranaggi del destino nemmeno quando, alcuni giorni dopo, si esibì davanti a un certo Brian Harold May, studente di fisica con un'aria di irrimediabile secchione sul quale quella chioma riccioluta sembrava voler dire “Hey, datemi un libro e una chitarra, non mi serve altro”. Tra quei due ragazzi successe qualcosa durante quella prova: entrambi furono impressionati dalle capacità dell'altro e la chimica del destino fece il suo corso costruendo un'amicizia incisa nelle corde d'acciaio della Red Special e nella pelle lavorata dei tamburi.

Quando pochi anni dopo nacquero ufficialmente i Queen, Roger Taylor si trovò catapultato nella realizzazione del proprio sogno: era diventato il batterista di una rock'n'roll band. Gli anni Settanta del gruppo furono una corsa sulle montagne russe e dietro ogni curva c'erano canzoni di successo, album rivoluzionari e tour capaci di conquistare chiunque nel mondo. Brian May divenne rapidamente uno di quei musicisti in grado di influenzare generazioni di chitarristi, mentre Freddie Mercury si rivelò conquistare di folle e voce inarrivabile. Per di più Brian e Freddie erano autori sublimi e in ogni album dei Queen i singoli più importanti recavano le loro firme. In un contesto del genere, nel quale John Deacon si tenne a debita distanza cedendo volentieri la ribalta, uno come Roger Taylor sarebbe potuto naufragare rapidamente verso l'oblio o la frustrazione. Invece ha tenuto duro per tutto il tempo, convincendo giorno dopo giorno gli altri membri del gruppo delle sue qualità anche come autore di canzoni. A lui si devono sperimentazioni che magari all'inizio non ebbero fortuna, ma che hanno cambiato e condizionato lo stile dei Queen, arricchendone la carriera della capacità di precorrere i tempi mettendo in campo pezzi heavy metal e dance (Sheer Heart Attack e Fun It), ben prima che la band stessa scegliesse di percorrere quei territori musicali con consapevolezza.

Ma il vero valore di Roger Taylor è sbocciato negli anni Ottanta, la decade nella quale ha realmente preso per mano e guidato i Queen verso un sound nuovo e al passo coi tempi. Si deve a lui, infatti, l'introduzione dei sintetizzatori, strumenti fino a quel momento tenuti a debita distanza e considerati quasi un'offesa. E a lui si devono successi come Radio Ga Ga e A Kind Of Magic, senza però dimenticare che dalla sua mano sono nate anche canzoni come The Invisible Man, These Are The Days Of Our Lives e Innuendo. Soprattutto Roger è stato l'amico sincero di Brian e Freddie, l'elemento che nei Queen non ha mai ceduto alla tentazione di intraprendere la carriera solista smarcandosi dalla band, ma capendo di poter incidere dischi e addirittura avere una propria band senza per questo demolire un palazzo meraviglioso com'era e come sono ancora oggi i Queen. In tempi più recenti Roger è colui che ha puntato per primo sulle doti di Adam Lambert e ha creduto che una tribute band potesse raggiungere livelli di grande prestigio senza scadere nella volgare imitazione. E anno dopo anno ha mantenuto uno stile inimitabile, capace di farti riconoscere la sua batteria tra milioni, caratterizzando così il sound dei Queen al pari di un assolo di Brian May, un'impresa riuscita davvero ad una manciata di musicisti. E a questo Roger ha aggiunto delle doti canore invidiabili, fondamentali dal vivo ed essenziali in studio, in grado di amalgamarsi alla voce di Freddie Mercury ad un livello che molti giudicherebbero impossibile se non vi fossero quindici album e quasi ottocento concerto a testimoniarlo senza tema di smentita.

Ma c'è anche un Roger Taylor profondamente sottovalutato ed è quello solista. I suoi album sono magnifici, esagerati ma anche delicati, eleganti e grezzi allo stesso tempo come si conviene ad una rockstar che ha traghettato se stesso in oltre quarantanni di musica. Eppure non sempre i fans hanno dimostrato di gradire i suoi album, troppo “distratti” dai Queen come macchina potente e inesorabile per saper cogliere il valore di lavori ritenuti minori solo perché a dirlo era la stampa. Ma è nei suoi dischi che Roger ha rappresentato il se stesso più autentico, capace di spaziare dall'invettiva politica alla struggente dichiarazione d'amore. Roger è quello che ha sputato in faccia a un colosso come Rupert Murdoch e ha urlato contro l'incapacità delle nazioni di aprire gli occhi sulle ferite del mondo. Roger Taylor è la rockstar che cede le scarpe a un bambino in difficoltà e rende omaggio al suo amico Freddie Mercury portando la sua musica in giro per il mondo, affinché resti sempre viva e gioiosa. Roger Taylor è stato anche quello delle feste di compleanno che hanno scatenato la psicosi per gli avvistamenti ufo e quello che distruggeva una batteria sul palco alla fine di un concerto. Quante cose ancora potremmo dire del nostro Roger eppure nessuna riuscirebbe a coglierne fino in fondo l'essenza. Ed è giusto così, lasciatelo suonare e lasciate che vi guardi male se provate a chiedergli un autografo. Accettate che vi mandi a quel paese perché l'eredità dei Queen è fottutamente sua e voi, con il vostro purismo gli state sulle stomaco. Perché alla fine, ciò che conta davvero, è la musica e quella di Roger Taylor è la più bella del mondo.