Queen+Adam Lambert, questo spettacolo deve andare avanti


Quando nel 1986 dal palco di Knebworth Freddie Mercury salutava il pubblico, nessuno poteva immaginare che quello sarebbe stato l'ultimo concerto dei Queen. Più evidente fu invece la sensazione di chiusura di un ciclo con gli spettacoli del 2008 con Paul Rodgers: concerto dopo concerto, più o meno tutti erano consapevoli che si era arrivati alle battute finali di quella collaborazione. Io stesso, mescolato al pubblico di Roma, tornai a casa convinto di averli visti suonare per l'ultima volta, almeno con quella formazione.


Il tour con Adam Lambert si è concluso da poche ore, con l'ultima tappa di quello che è stato battezzato Don't Stop Them Now, la “campagna sudamericana” che non ha fatto vittime ma solo proseliti. Fin dai primi concerti a inizio anni '80 è stato chiaro che tra i Queen e i popoli latino-americani esiste una sorta di connessione viscerale, un calore diffuso che permea tanto il palco quanto le arene o gli stadi. Una specie di magia (ovviamente), che anche con Adam Lambert si è riproposta nonostante tutti i “se” e i “ma” che hanno inevitabilmente accompagnato anche l'ultima parte del tour della band. Ma, dopo aver conquistato gli Stati Uniti, l'Asia, l'Australia e naturalmente anche l'Europa, il successo non poteva che arrivare anche in Brasile, Argentina e Cile. I commenti dei fans sono stati tutti positivi, spesso anche al di là di ogni più rosea aspettativa e, contrariamente a quanto accaduto per Paul Rodgers, anche la stampa ha manifestato estremo gradimento per questa incarnazione dei Queen. Una collaborazione in cui all'inizio hanno creduto solo Brian e Roger, ma che ha inesorabilmente convinto tutti, compreso chi vi scrive, partito con un atteggiamento non proprio favorevole all'indomani della (pessima) esibizione agli Mtv Ema, che segnò di fatto l'inizio dell'era Q+AL.

I Queen sono da sempre abituati alle grandi sfide, ma ritornare sui propri passi, ripercorrere momenti leggendari di una carriera irripetibile è forse qualcosa di più. Una dolce follia o un atto di imprudenza se le cose vanno per il verso storto. Tornare a suonare al Rock in Rio avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque. Non a questi magnifici musicisti che oggi più che mai si sono liberati del fantasma di Freddie Mercury (da intendersi come ombra più che come fardello), diventando così una band organica (un termine che gli stessi Brian e Roger usano spesso) capace di raccontare il proprio passato, rendendo il giusto omaggio a chi non potrà mai essere rimpiazzato, ma anche mettendo in campo un presente fatto di entusiasmo, abilità e voglia di guardare ogni volta al concerto successivo. Se proprio si volesse trovare una differenza tra i Queen con Rodgers e quelli con Lambert, si potrebbe dire che nei primi l'elemento dominante era la nastolgia, nei secondi l'entusiasmo.

Sul palco tra Brian, Adam e Roger scorrono i sorrisi, gli ammiccamenti, i piccoli ma essenziali gesti che fanno percepire al pubblico un'unità di intenti, una coesione finora mai del tutto realizzata. Di più, il necessario (direi indispensabile) tributo a Freddie è finalmente libero dal dolore. Certo i momenti di commozione non mancano, così come il senso di vuoto lasciato da lui e da John Deacon. Eppure lo show che si svolge sul palco ha il potere di trasmettere una gioia a sé stante, non più fatta dei vuoti generati da chi non c'è (o non vuole esserci), ma riempita della presenza di chi suona e si diverte a far divertire. La musica dei Queen è sempre stata questo, un'incredibile manifestazione di gioia. Il fatto che oggi, anche grazie ad Adam, i Queen abbiano recuperato questa essenza, non può che far felice i fan, a qualsiasi latitudine essi si trovino.

Ora resta da chiedersi cosa resta di tutto questo. Nei prossimi mesi Adam proseguirà la promozione del suo The Original High (spero che la splendida Ghost Town proposta in questi ultimi show convinca molti fans a farsi curiosi rispetto a questo album), Brian May concluderà le registrazioni di Anthems II per poi andare in tour con Kerry Ellis (le sei date italiane rappresenteranno uno dei momenti più belli di inizo 2016), mentre Roger Taylor (probabilmente) tornerà nell'ombra, anche se sono in tanti (me compreso) a sperare in qualche data solista, magari rimettendo assieme i suoi Cross. Da non dimenticare poi l'imminente uscita di A Night At The Odeon, del libro sulla Red Special in edizione italiana, più altre piccole e grandi cose, tutte buone per colmare l'inevitabile vuoto di notizie che ci colpirà nei prossimi mesi dopo oltre un anno e mezzo di tour.

Più volte nelle varie interviste rilasciate alla stampa, tanto i Queen quanto Adam hanno sottolineato la natura “live” della loro collaborazione, finalizzata cioè allo stare sul palco per portare in giro la musica che la gente desidera, senza alcun piano per entrare in studio. Tuttavia gli indizi che ci portano a pensare che qualcosa in tal senso possa accadere ci sono e non vanno sottovalutati. Il primo a parlarne è stato William Orbit all'epoca dell'uscita di Queen Forever, quando ha dichiarato che sperimentare qualcosa in studio avrebbe avuto un senso. Roger poi non ha perso occasione di ribadire che gli piacerebbe scrivere per Adam, mentre Brian (di solito il più restio ad imbarcarsi in avventure discografiche a nome Queen) si è limitato a citare la classica porta aperta a tutto. Da parte sua Lambert, pur ribadendo la convinzione che fare un disco a nome Queen non sarebbe la soluzione ideale, è pronto a rispondere all'eventuale chiamata, che potrebbe anche consistere in nuove esibizioni live (Glastonbury li aspetta a braccia aperte), come peraltro suggerito da Rufus Taylor qualche tempo fa.

Ma quali che siano gli sviluppi futuri di questa collaborazione, il dato essenziale è che i Q+AL sono una formula vincente, capace di convincere anche i fans più riottosi e ostili a qualsiasi evento musicale che porti il nome Queen senza Freddie e John. Naturalmente le sacche di fermi oppositori resta e a loro va tributato il giusto riconoscimento che sempre va reso a chi crede in qualcosa e porta avanti una convinzione con amore e rispetto. Per tutti coloro, invece, ormai convinti che i Queen possano essere una realtà nuova assieme ad Adam Lambert, resta la certezza di aver assistito a un tour straordinario, emozionante, in grado di far scorrere nelle vene quella meravigliosa corrente tellurica che rende ciascun fan una persona felice. Perché alla fine stabilire se un concerto funziona, se un gruppo ha in sé quella giusta magia è questione davvero semplice: basta guardarsi allo specchio e ammirare il sorriso che ti porti addosso per mesi, per poi renderti conto che accanto a te a sorridere allo stesso modo ci sono milioni di altri fans.

I Queen, come tutte le cose della vita, non sono destinati a durare per sempre e un giorno la parola fine verrà scritta. Per adesso con Adam Lambert c'è ancora spazio per scrivere un nuovo capitolo. Ora che il tour è finito voltiamo pagina dunque, e scopriamo qual è la prossima storia scritta da Brian May e Roger Taylor.