Andare a rivedere i Queen + Adam Lambert. Si ne vale la pena


Una volta andare ai concerti era una specie di avventura. Mi riferisco agli anni '70 e '80 ovviamente, quando internet non esisteva e bisognava organizzarsi alla cieca su tanti aspetti e spostarsi per l'Italia, per non parlare dell'Europa, era un vero e proprio investimento. Poi col tempo le cose sono cambiate a nostro favore, tutto è diventato più semplice e soprattutto meno costoso. Solo che nel 1991 i Queen sembravano essere destinati a concludere la loro straordinaria epopea in giro per stadi e arene e così le rinnovate opportunità di seguire i nostri beniamini in tour ci sono sembrate una sorta di immeritato schiaffo, di quelli che solo il destino sa rendere e che in genere fanno piuttosto male.


Ma non avevamo fatto i conti con quella Fenice messa lassù da Freddie a dominare il logo dei Queen. Così sono arrivati gli anni 2000 e con essi nuove opportunità chiamate Paul Rodgers prima e Adam Lambert poi e soprattutto adesso. Internet nel frattempo è diventato uno strumento da cliccare con un dito e i viaggi low costo con tanto di pernottamenti a buon mercato ci hanno reso felici parecchie volte.

Quest'anno, dopo che avremo assistito a distanza al tour americano dei Queen + Adam Lambert, potremo finalmente entrare in fibrillazione per gli appuntamenti europei. Mentre vi scrivo posso dirvi che sicuramente ci sarà almeno uno show nel nostro paese, molto probabilmente a Novembre ma, per fortuna, la situazione è talmente fluida che alla fine, cioè nel giro di pochi giorni a partire da adesso, potremmo ritrovarci con una sorta di mini tour nostrano fatto di tre date. Ma, come detto, i tempi sono prematuri e non val la pena perdere quella decina di battiti di cui i nostri cuori hanno bisogno per affrontare l'attesa.

Già, l'attesa. È questo il tema su cui mi arrovello ormai da un po'. Quando mi è giunta la notizia del nuovo tour (ve lo confesso, con un piccolo anticipo rispetto alla conferma diffusa da Brian May con un video messaggio) mi sono ritrovato a pensare se, dopo aver visto i Queen + Adam Lambert già una volta (senza dimenticare le precedenti esperienze con Paul Rodgers e con Brian assieme a Kerry) avrei sentito scorrermi addosso quelle vibrazioni tutte particolari che derivano dal sapere che nel giro di pochi mesi mi ritroverò (assieme a molti di voi) a cantare e saltare davanti a un palco che non potrà che essere magnifico.

Soprattutto, mi sono chiesto che sensazioni provano tutti coloro che, molto più avvezzi di me a seguire la band in tour, hanno collezionato nel corso di questi anni parecchi concerti, anche nell'ordine delle decine. La domanda strisciante è se una volta (o una manciata di volte) può bastare e se quindi non sia il caso di premere il freno con convinzione e limitarsi a seguire il tutto da una certa distanza, un po' come farebbe l'esperto di botanica che osserva delle rose appena fiorite con il distacco tipico di chi colori e profumi li conosce ormai fin troppo bene.

Non è, come potrebbe sembrare, una domanda a carattere personale. Credo che in tanti si stiano ponendo lo stesso interrogativo. Con Adam Lambert sembra che i Queen abbiano già fatto tutto quanto potevano e la mancanza di quel famigerato passo successivo (un album di inediti) sembra svuotare questo nuovo tour di quei contenuti in grado di accendere la fantasia e l'emozione. Oppure le cose stanno diversamente.

In tempi recenti i tre hanno manifestato l'intenzione di portare in tour uno spettacolo diverso dagli ultimi, non solo dal punto di vista visivo ma anche emotivo e quindi musicale. Intendiamoci: le setlist saranno sempre caratterizzate dalle “solite” hits, semplicemente perché ai concerti non ci vanno solo i fan della prima ora, ma anche la gente comune che magari coglie per la prima volta l'occasione di entrare in un'arena e scoprire da vicino i Q+AL.

Ecco allora che la matassa del dubbio inizia a trovare una qualche via per dipanarsi. Lasciando da parte i punti di vista personali (tradotto: ognuno è libero di fare e pensare ciò che più gli aggrada), è innegabile che per chi i Q+AL non li ha mai visti dal vivo, la notizia di nuove date europee non può che far esultare.

Per tutti gli altri, compreso chi vi scrive, c'è invece la necessità di sperare che davvero lo show sia qualcosa di diverso, soprattutto musicalmente. Occorre instillare su quel palco e, quindi, tra il pubblico, qualcosa di nuovo che affondi le sue radici in quello che tutti riconosciamo essere un glorioso passato, magari mescolato con delle novità inaspettate. È un auspicio legittimo, forse anche necessario perché, pur non avendo il pubblico alcun “diritto” di dire la sua, ha comunque il potere di indicare agli artisti se non proprio una via, almeno una forma di gradimento.


Ecco quindi le speranze per l'imminente tour e per la data italiana: uno spettacolo rinnovato visivamente e delle setlist comunque rivoluzionarie, nelle quali trovino posto canzoni mai eseguite dal vivo o la cui proposizione on stage non è mai stata ripresa con Adam. Tutte ipotesi certo, ma che le recenti dichiarazioni sembrano confermare e che troveranno definitivo suggello in estate. Personalmente poi aggiungo il desiderio si sentire anche qualcosa di davvero nuovo, perché sono un'inguaribile sostenitore della tesi secondo cui Brian May e Roger Taylor possono ancora scrivere grandi cose. Magari non per tutti, ma per me sicuramente si perché, da buon fan, sono legato a questi artisti in modo talmente profondo che ogni volta che imbracciano i loro strumenti o la sensazione che lo stiano facendo proprio per me. Non è così anche per voi, forse?